Se dovesse capitarvi di vedere dei
bambini sotto i 10 anni giocare a rugby probabilmente vi potreste emozionare. È
abbastanza facile vedere in quella circostanza la rappresentazione della gioia
pura. Non si rendono ancora conto né della sofferenza né del senso di
sacrificio, ma si assumono responsabilità senza saperlo. Se, per ipotesi,
ciascuno di noi non possedesse realmente la capacità di determinare con
esattezza le conseguenze del suo pensare e del suo agire, allora anche il
concetto di “responsabilità” andrebbe a farsi benedire.
Nel rugby si dice che si è responsabili della palla
e di ciò che ne consegue sino a quando il compagno a cui l’abbiamo passata non
ne ha fatto qualcosa di buono. In effetti il difetto più grande nei neofiti del
gioco sta appunto in questo: tendere a liberarsi della palla nel momento in cui
ci si vede chiusi dalla difesa. In sé non è sbagliato, ma non è nemmeno
corretto. Dipende dalle situazioni. Se il passaggio ha un senso nella dinamica
dell’azione e della partita, ma riesce male, è un problema di strettissima
origine tecnica. Se il passaggio non ha un senso, ma ha come unico obiettivo
quello di consegnare l’incombenza a qualcun altro, allora è un problema di
responsabilità. Difficile sentire in campo compagni borbottare per un passaggio
che aveva un senso ma è riuscito male. Molto probabile sentire l’intera squadra
lamentarsi alla vista di un passaggio deresponsabilizzante. La responsabilità
che ti senti addosso per quanto riguarda la salute, il benessere e la cura dei
tuoi compagni di squadra, ti rende parte di una élite. Tutti partecipano e
tutti vincono, senza protagonismo. Una super regola ne è la prova: quella che
impone di raccogliere la palla ovunque uno si trovi e di rimetterla in gioco
nell’interesse del gruppo, anche fuori dal proprio ruolo. La specializzazione
dei ruoli è forte, la sincronia del gioco va studiata attentamente. Quindi
specializzazione, ma anche flessibilità e conoscenza del lavoro altrui. Tutto
questo per sviluppare la capacità di
integrarsi, per costruire insieme qualcosa che da soli non può essere
fatto: anche nel passaggio del pallone occorre l’attenzione all’altro; non
basta passarlo, bisogna farlo in modo che il compagno sia in grado di
utilizzarlo al meglio per continuare l’azione.
Il Rugby e la
formazione manageriale
Il rugby si gioca in prima persona e prevede
l’assunzione di decisioni e quindi di responsabilità. Il traguardo si chiama META, e averne una nel lavoro e
nella vita è già il più grande risultato!
Elementi base per ottenere questo:
§
l’idea
di SOSTEGNO: nel rugby si parla di sostegno e non di aiuto. Pensate
a quanto sia importante questa differenza, anche in azienda. Finché io do aiuto
vuol dire che in quel momento un collaboratore non è in grado di fare una cosa.
Il sostegno è invece un supporto per arrivare meglio al risultato.
§
il
forte senso di RESPONSABILITA’: ogni attività in azienda dovrebbe
nascere da questo profondo senso, l’imprenditore e il manager dovrebbero averli
insiti nella loro natura.
THIS
IS RUGBY
Roberto Rade
Esperto consulente formatore nel campo della vendita, si pone come partner dei clienti per aiutare la forza vendita a sviluppare competenze sempre più capaci di fare la differenza La metodologia con la quale si sviluppa ogni attività d’aula segue i più moderni schemi di apprendimento del Behaviour Modelling. Le tematiche oggetto di interventi consulenziali e formativi, che per la maggior parte dei casi sono costruite ad hoc seguendo le specificità del settore di appartenenza, comprendono:
• Marketing
• Tecniche di vendita base
• Vendita complessa e BtoB
• Tecniche di negoziazione
• Customer service
• Comunicazione e relazione
• Public speaking
• Time management
• Leadership
• Motivazione
• Problem solving e creatività
• Team building e Teamwork
• Coaching
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