guest post di Giuseppe Cavazzana
Cosa misurare e come misurare
Alcune aziende sono attente al fatturato, altre al margine, sempre di più si preoccupano dei flussi di cassa. Ma spesso questi “focus” sono indotti dalla situazione del momento, senza influire concretamente sui risultati attesi e conseguiti da ciascuna azienda.
Cosa è utile misurare per migliorare i risultati della gestione, a prescindere dalla situazione esterna, e come occorre procedere?
L’azienda, grande o piccola o micro che sia, è una struttura complessa, nella quale interagiscono numerosi fattori, basta che uno di questi sia carente e tutta la struttura si allinea su di esso, in basso! Possiamo dire che l’azienda è come una catena, composta da tante maglie, la cui resistenza è data dalla maglia più debole, ovvero la prima che si spezza al crescere del carico.
I fattori principali che interagiscono nelle aziende sono di carattere umano, commerciale, economico, produttivo, finanziario: in che ordine di importanza? dipende dalla tipologia di azienda!
In questo articolo ci occupiamo del margine commerciale, per definire il quale utilizziamo dati di carattere economico e finanziario, ma per migliorare i risultati dobbiamo considerare aspetti umani, produttivi, commerciali.
Cosa misuriamo? Misuriamo i ricavi e i costi relativi a ciascun prodotto e a ciascun cliente. Il livello di dettaglio ci permette di agire su specifiche situazioni, di compensare eventuali errori, di risolvere problemi più piccoli e semplici, uno per uno. Importante poi è rimettere insieme i dati per avere una situazione “di bilancio” completa e sintetica dell’azienda considerata.
Come misuriamo? Misuriamo a quantità e valore, misuriamo a preventivo e a consuntivo, misuriamo i singoli passaggi con i dati reali, lasciando all’ultimo passaggio, la definizione del prezzo, il calcolo del ricarico e del margine conseguente.
Come calcolare i costi dei prodotti
In base ai principi contabili il costo di un prodotto è dato da: componenti, lavorazioni, costi accessori direttamente imputabili al prodotto stesso; metodo detto a costi variabili. Sono esclusi i costi generali dell’azienda che devono essere coperti dal margine di contribuzione derivante dal ricavo meno il costo del prodotto stesso (costo del venduto).
I metodo di calcolo a costi variabili è più flessibile del metodo a costo fisso (o pieno); si adatta più facilmente al variare dei volumi di prodotto venduti e alle oscillazioni dei prezzi, molto frequenti nella presente economia di mercato.
L’impianto contabile necessario, detto di contabilità analitica industriale, è spesso previsto negli attuali programmi sia di contabilità sia di produzione.
Il documento fondamentale è la distinta base a quantità e valore, i materiali e componenti, le fasi interne o esterne di lavorazione, sono valorizzate al puro costo in base alle quantità effettivamente impiegate, con le rispettive unità di misura (pezzi, metri, chili, ore, minuti e quant’altro). Il costo dei materiali e componenti è facilmente ricavabile o dalle fatture dei fornitori o meglio ancora dalla contabilità di magazzino, purché sia aggiornata e valorizzata al costo medio ponderato o all’ultimo costo. Il costo delle lavorazioni esterne si ricava dalle fatture dei fornitori, purché questi siano precisi nel dettagliare in fattura le singole lavorazioni. Il sistema più sicuro per ottenere tale precisione consiste nell’inviare loro ordini scritti e dettagliati, che dovranno semplicemente riprodurre riga per riga nelle loro fatture. Il costo delle lavorazioni interne è il più complesso da calcolare, richiede la gestione dei centri di costo, come specificato nel paragrafo seguente, e spesso qualche modifica al piano dei conti. Importante è valutare il livello di approfondimento, meglio fermarsi al costo di reparto, piuttosto che scendere al livello di singola fase di lavorazione, in quanto i costi contabili aumenterebbero molto, gli addetti si sentirebbero oberati dalle rilevazioni, i tempi morti sfuggirebbero comunque alla corretta imputazione. Il costo di lavorazione interno maggiormente significativo è il tempo di attraversamento di ciascun reparto coinvolto:
(costo diretto ore reparto) / (pezzi prodotti dal reparto) = (costo di lavorazione interna del prodotto).
I centri di costo
Una buona tecnica, consolidata da tempo, per definire i costi di produzione, consiste nel suddividere l’azienda in centri di costo.
Per centro di costo intendiamo un insieme di risorse: umane, tecnologiche, strutturali; che realizzano determinati prodotti o fasi di lavorazione o servizi aziendali.
Per esemplificare, in una azienda di confezione di abbigliamento avremo:
un reparto taglio
un reparto confezione
un reparto logistica
un ufficio vendite
un ufficio amministrazione
un ufficio direzione
Questo esempio è molto essenziale, possono esserci molte più varianti, un numero maggiore di reparti (intesi come risorse direttamente impegnate nella produzione) e uffici (intesi come risorse indirettamente impegnate nel servizio all’azienda nel suo complesso).
Fino a che punto conviene dettagliare le attività? Conviene mantenere una proporzione tra la dimensione dell’azienda e il numero dei centri di costo, ovvero piccola pochi CDC, grande molti CDC, per evitare che la gestione degli stessi arrivi a costare di più dei benefici che realizza.
Mediante questo impianto contabile, i costi registrati nel piano dei conti di contabilità generale, sono ripartiti, voce per voce tra i diversi centri di costo, in funzione della struttura organizzativa.
Un esempio:
contabilità generale - costi per il personale - € 100.000
contabilità analitica - costi per il personale CDC A - €70.000
contabilità analitica - costi per il personale CDC B- €30.000
Così fino ad ottenere la ripartizione completa dei costi, divisi per le ore lavorate e attributiti ai prodotti mediante le distinte base.
Dal costo al prezzo
Come determinare il prezzo dei prodotti non è più semplice come una volta. Oggi fare il Mark Up, ovvero ricaricare il costo industriale di una percentuale equivalente ai costi di gestione e all’utile desiderato, può facilmente portarci fuori mercato sia perché troppo cari ( perdendo vendite) sia perché troppo economici (perdendo margini). Il giusto prezzo lo deve valutare la funzione commerciale, studiando il mercato e i comportamenti dei clienti e dei concorrenti, fino a definire il prezzo in funzione del posizionamento dell’azienda, della clientela di riferimento, della vita del prodotto, delle quantità da vendere. Fatto questo, il metodo di calcolo è inverso rispetto al tradizionale: a partire dal prezzo si scorpora il margine di contribuzione necessario al buon funzionamento dell’azienda, quello che rimane è il costo entro cui i progettisti devono stare nella realizzazione del prodotto.
Si aprono diversi scenari:
il costo calcolato e il costo realizzato collimano - il prodotto è allineato al mercato
il costo calcolato è superiore al costo realizzato - il prodotto è più ricco del mercato (effetto firma)
il costo calcolato è inferiore al costo realizzato - o si ricomincia da capo o si abbandona il prodotto.
La scheda ACP
Per agevolare il lavoro dei miei clienti ho elaborato un modello su foglio elettronico di Analisi Costi Prezzi, con il quale è facile e veloce simulare varie opzioni di prezzo di vendita, tenendo conto delle variabili di sistema sopra esposte, al fine di scegliere la soluzione ritenuta più idonea.
Chi lo desidera può richiedere l’accesso al documento mandandomi un tweet a @faledro51
Un sentito grazie a Giuseppe Cavazzana: CMC (Certified Management Consultant) gestisce da oltre 25 anni progetti di informatizzazione di aziende sia grandi sia piccole, mediante un’azione trasversale di comunicazione tra le diverse funzioni aziendali e i fornitori, che riduce i tempi e i costi di realizzazione dei progetti.
ecco i dettagli dell'autore dell'articolo
Giuseppe Cavazzana @faledro51
Nessun commento:
Posta un commento