Va bene, qualche cosa ho sbagliato nel
post prima dato che non sono
riuscito ad avere commenti, però ha avuto più visite del solito e questo mi
fa ben sperare: silenzio assenso? Spero.
Vorrei tornare sulle 4C del canale perché a mio parere
è questa la strada da perseguire,
specie per le aziende che non
possono ancora contare su un brand di grande richiamo. Chiaro: se sei la
CocaCola o la Ferrero non ha necessariamente bisogno di creare alleanze con il
canale distributivo, sei tu che fai le regole e scegli. Poi in realtà ti
accorgi che anche marchi famosi come questi agiscono in ottica di partnership e
allora…
Se invece ti chiami Pugni o Brambilla o Rossi e vendi
prodotti che possono essere considerati commodities, caffè, pasta, salumi,
olio, formaggio, conserve, borse, scarpe e così via, beh allora non puoi
pensare di costruire la tua strategia sulla qualità del prodotto. Lo spiega
benissimo qui Stefania Boleso, ma è facile da capire ugualmente. La qualità di
un prodotto è un prerequisito, non certo un elemento distintivo. Perché anche
ammesso che la tua qualità sia la migliore, finché qualcuno non la prova non se
ne rende conto, e per provarla devi superare un bel po’ di resistenze.
Anche quelle del canale al quale la qualità intrinseca del
tuo prodotto interessa solo se fa vendere di più, marginare di più, ruotare di
più lo scaffale. Altrimenti….
Paradossalmente –lo dico come provocazione- facesse schifo
il tuo prodotto, ma vendesse alla grande….. sarebbe più facile ed entusiasmante
per i rivenditori.
Del resto non è che sia proprio fantascienza questa…
Quindi la domanda del canale alla quale devi rispondere non
è “quanto è buono il tuo
prodotto?”, ma “quanto mi fai vendere di più? E soprattutto come?”
Ecco che tornano qui in ballo le
4C del marketing del canale che vi propongo
a. collaborazione
b. complementarietà
c. corresponsabilità
d. connessione
Le esploreremo insieme nei prossimi post con alcuni esempi
Collaborare è il
punto chiave: non posso pensare di trovare nuovi rivenditori –dettaglianti o
grandi magazzini- se non imposto la relazione in termine di collaborazione. In
pratica: che cosa sono disposto a fare per te? Che cosa ti propongo per
valorizzare il tuo punto vendita? Come ti aiuto a fidelizzare i tuoi clienti? Quanto
sono disposto ad investire sul tuo successo? E con che ritorno? Una
collaborazione è basata su alcuni elementi chiave che la rendono forte:
a) percezione degli obiettivi: complementare o
ancora meglio sinergica;
b) relazione: per lo meno equa (fair per dirla all’inglese) quando non amicale
c) fiducia: almeno moderata meglio se alta e ovviamente reciproca.
Questo comporta ovviamente che io come azienda mi debba
impegnare per costruire una relazione solida e accrescere la fiducia reciproca
dandomi da fare per far percepire, e chiedere, che gli obiettivi dei due
partner –noi e il rivenditore-siano visti come possibili –nel senso che non
sono mutuamente escludenti- quando non sinergici: o si vince insieme o non si
vince.
Collaborare significa dunque capire quali siano gli
obiettivi del canale e che cosa possa fare io per aiutare il dettagliante a
raggiungerli.
Se voglio vendere borse di lusso dovrò rafforzare il mio
brand per mostrare al canale che posso attrarre clienti nel suo negozio perché
li vado ad incontrare altrove: in rete come sulle riviste.
Se vendo prodotti agroalimentari nelle panetterie,
macellerie, salumerie devo escogitare mezzi che aiutino questi negozi a
consolidare la relazione con la clientela e ad aumentare l’afflusso di clienti
nel punto vendita. Come? Ad esempio con promozioni sul mio prodotto che
costringano il cliente a tornare nel medesimo punto vendita per riscuotere un
premio; o organizzando eventi nel punto vendita o attività di co-marketing.
Avete delle idee da condividere con noi su questo argomento
prima di passare alla prossima C?
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