Ognuno di noi conosce persone che vorrebbe appendere
al muro. No, non con violenza, ma con ammirazione, come i poster degli artisti
e degli sportivi che popolavano la nostra stanzetta da adolescenti. Rosa Giuffré per
me è una di queste. Caparbia, intelligente, brillante, paziente, determinata
quanto sensibile è una professionista capace di cambiare la testa alle persone
come alle aziende, e lo posso assicurare in quanto ha iniziato da se stessa.
Per questo ha tutta la mia stima e la mia fiducia. Per questo credo di fare un
favore ai lettori più che a lei nel cogliere l’occasione dell’uscita del suo
primo libro per replicare la felice esperienza di una intervista (qui
trovate la prima) e chiederle di aiutarci a capire come le PMI possano
beneficiare dall’introduzione graduale, ma decisa, della cultura digitale in
azienza.
Il testo, che consiglio, si intitola Cambia
testa e potenzia la tua azienda con la cultura digitale pubblicato da Dario
Flaccovio e potete
trovare qui il pdf delle prime trenta pagine per saggiare il saggio…
Lasciamo la parola a Rosa:
In quale modo la cultura digitale può
cambiare la testa dell’azienda?
L’azienda
non è una struttura asettica e senza vita. Per questo motivo ‘la testa
dell’azienda’ è da considerarsi innanzitutto come qualcosa di essenziale perché
composta da persone, manager, piccoli imprenditori che oggi faticano ad
abbracciare e comprendere ciò che il digitale può loro offrire per potenziare
la propria realtà. Cultura digitale non è tecnologia, ma un percorso che mira a
cambiare l’approccio al proprio business che in molte realtà è purtroppo
ancorato a mentalità che definirei ‘vecchio stampo’. La cultura digitale è un
processo che deve quindi essere condiviso non solo da chi è a capo
dell’azienda, ma da ogni singola persona che ne fa parte e che rappresenta il
vero valore. Con una nuova consapevolezza sarà più semplice rilanciare il
proprio business.
Come può una PMI o un artigiano avvicinarsi
alla cultura digitale?
Innanzitutto
ponendosi in ascolto sincero e analizzandosi. Spesso ci si concentra sulle
sovrastrutture finali (sito, social network) che sono solo la punta di un iceberg
che se non ben strutturato rischia di sciogliersi come neve al sole. Prima di
pensare al problem solving è necessario pensare al problem finding e con umiltà
accettare che dinamiche di business su cui ci si è poggiati per anni oggi non
funzionano più o devono essere riviste. Non si tratta di sradicare la
tradizione, ma di aprirsi a nuove possibilità. Il ‘è 30 anni che facciamo così’
è la frase più deleteria che una PMI potrebbe pronunciare.
Quali sono i vantaggi maggiore che una
cultura digitale può dare alle PMI italiane?
Le
PMI italiane hanno una grande forza: sono piccole gazzelle digitali
specializzate, eppure sembra fatichino a dare valore a questo loro plus. Se nel
mondo il brand ‘made in Italy’ ha un valore immenso, se l’artigiano possiede
una maestria unica che il mondo ci invidia, il vantaggio di abbracciare un
percorso di cultura digitale sarà quello di rilanciare la propria attività
verso nuove strade e nuove vie. Tradizione e innovazione sono la medicina per
uscire da una malattia che ha colpito molti imprenditori: l’immobilismo.
Mondo digitale e clima interno all’impresa:
c’è una vera connessione o è la solita moda americana?
Direi
proprio di no. Nel libro di esempi oltre oceano non ne mancano, ma col fine di
tornare sempre al focus: le PMI italiane. La tecnologia, la connessione tra le
persone in azienda abilita il cambiamento, ma questa attività deve essere
favorita nel tempo. Se fino a ieri le idee di un dipendente non erano nemmeno
prese in considerazione, oggi come è possibile coinvolgerlo? Grazie a community
online ad esempio, intranet. Il vero valore l’imprenditore l’ha in casa e sono
le persone che lavorano per lui! Il digitale ci permette di fare uscire queste
idee che devono essere contaminate tra loro!
Quali sono le resistenze più grandi che hai
incontrato nel mondo italiano alla digitalizzazione?
Essenzialmente
due: cambiare testa non è semplice. Il ‘sciur Bianchi’ (nome con cui ho
chiamato l’imprenditore a cui parlo nel libro) è radicato su vecchie dinamiche
organizzative e di comunicazione. ‘ho sempre fatto così’ o ancora ‘mica mi
metto a raccontare cosa faccio su internet così mi copiano’… frasi banali
forse, ma che rivelano quanta chiusura esiste ancora. La seconda è una
resistenza sulla fiducia: non comprendendo a priori il perché fare un’azione di
web marketing o come agire, non
possedendo quindi l’ormai famosa cultura digitale che è di fatto trasversale,
molti imprenditori si fidano di consulenti che propongono pacchetti che sono
solo specchietti per le allodole. In un paragrafo dico ‘i pacchetti non
esistono, a meno che siano pacchi’. Ammaliati da un investimento basso e da
facili risultati, investono quel poco budget che mettono a disposizione e
puntualmente le aspettative vengono disattese. Arrivare in un’azienda e iniziare
un percorso di consulenza dopo un’esperienza del genere è doppiamente
difficile… ma non impossibile ;-)
Relazione con il cliente, vendite,
marketing: dove e perché l’impatto digitale è maggiore?
Tutto
parte dal sito internet. Punto. Social, contenuti, blog comunicazione sono
satelliti che ruotano attorno al sito e ne implementano le potenzialità perché
permettono poi di sviluppare la relazione col cliente. Fondamentale oggi è
esserci: belli, pronti, reattivi. Importante e essenziale formare il proprio customer
care a diventare un social care! Ascoltare la rete, monitorare cosa dice e
intervenire soprattutto durante critiche è di vitale importanza. Quanti lo
fanno? Vedi? Anche sul concetto di sito c’è molta confusione: basta farlo per
esserci? Direi proprio di no! Eppure quante PMI abbandonano siti con news e
attività datate? Poi però si lamentano che altre aziende, magari con prodotti
più scadenti hanno possibilità migliori? Le chance col proprio cliente bisogna
crearsele per poi essere pronti a coinvolgerlo, coccolarlo, seguirlo.
Quali sono i passi che una PMI dovrebbe
intraprendere per digitalizzarsi?
·
Reagire e uscire dall’immobilismo e aggredire
prima di morire come delle balene spiaggiate!
·
Acquisire idee, conoscenza grazie alla
contaminazione tra le nuove e le vecchie generazioni e la formazione
·
Adottare con coraggio nuovi processi: partendo
dall’umiltà di voler cambiare
·
Analizzare sempre e costantemente ogni area,
ogni successo e soprattutto ogni insuccesso
·
Il sciur Bianchi dovrebbe poi imparare ad affidare:
lasciare liberi i dipendenti di portare risultati e non sterili report
·
Infine il sciur Bianchi deve tornare ad essere
leader resiliente, il vero trascinatore della sua PMI
Che cosa è una Social Organization?
Un’organizzazione
sociale che ha capito quanto fare comunità sia fondamentale. Adriano Olivetti
l’aveva già intuito, i piccoli imprenditori l’avevano dimenticato? Oggi è
necessario tornare a questo concetto. Se le aziende sono comunità in cui è
necessario tornare al valore delle persone, oggi grazie al digitale e alle
community online questo concetto può essere amplificato. Sono le persone stesse
che tendono ad aggregarsi in comunità per condividere e relazionarsi. In
azienda, blog o intranet, possono concretamente aiutare l’imprenditore a sviluppare
quel senso di appartenenza che nel tempo si è affievolito. Le persone felici
lavorano meglio e una social organization mira a rendere più stimolante
l’ambiente di lavoro attraverso il coinvolgimento diretto di tutte le parti
aziendali presenti.
Si parla tanto di brand: ma serve veramente
alle PMI? Perché? Come il mondo digitale può aiutare a costruirlo e
diffonderlo?
Il
brand rappresenta l’insieme dei valori che un utente riconosce a quell’azienda
e nel tempo questo riconoscimento si trasforma in vantaggio competitivo. Un
sesempio? Pensa a un tablet bianco, su uno non vedi scritto nulla, sull’altro
trovi il simbolo di una mela… quale costerà di più? E perché? Ecco dove sta
l’importanza di avere un brand e non un semplice marchio. La costruzione della propria
reputazione è però un processo lento, da attivare e curare giorno per giorno.
Le PMI che comprendono questo hanno un plus rispetto ai propri competitor
imparagonabile.
La rete fa… rete: uno degli effetti
collaterali più positivi che ho osservato è che i professionisti del web
marketing, con tutte le sfumature che esistono, non si vedono come concorrenti,
anche quando magari lo sono realmente, ma come dei colleghi che si aiutano e si
scambiano informazioni e consigli: secondo te perché? È un modello applicabile
anche alle PMI e agli artigiani?
Magari!
Comunque sì, Contaminare e fare rete significa questo ed è il modo in cui amo
abitare il web.
Esistono già reti d’imprese e community online che favoriscono questo concetto: se il ‘nemico’ è più grosso di me, non è più intelligente allearmi con altri piccoli e affrontarlo insieme? O ancora: per offrire un servizio completo e utile perché non collaborare con aziende che possono andare a completare la mia offerta? Esempio concreto: io produco giacche di alta sartoria e vorrei venderle all’estero. È probabile che chi è interessato poi voglia acquistare pantaloni, camicia, magari gemelli e pochette in tinta. Perché quindi non collaborare con chi, insieme a te, potrebbe dare più valore anche al tuo prodotto? Ecco dove sta la potenza del digitale.
Esistono già reti d’imprese e community online che favoriscono questo concetto: se il ‘nemico’ è più grosso di me, non è più intelligente allearmi con altri piccoli e affrontarlo insieme? O ancora: per offrire un servizio completo e utile perché non collaborare con aziende che possono andare a completare la mia offerta? Esempio concreto: io produco giacche di alta sartoria e vorrei venderle all’estero. È probabile che chi è interessato poi voglia acquistare pantaloni, camicia, magari gemelli e pochette in tinta. Perché quindi non collaborare con chi, insieme a te, potrebbe dare più valore anche al tuo prodotto? Ecco dove sta la potenza del digitale.
Ci racconti, se puoi, due aneddoti anonimi:
la peggiore e la migliore esperienza che hai avuto o visto che collega PMI e
cultura digitale?
Nel
libro ne racconto alcune, diciamo che le più comuni si possono riassumere in
questi dialoghi che ormai sono per me uno standard.
Per le peggiori frasi direi….
Per le peggiori frasi direi….
‘buongiorno
vorrei promuovere la mia PMI su Facebook…(…)’
‘aspetti
aspetti… partiamo dall’inizio: in che mercato lavora? ha già un sito? Come
comunica?...(…)’
‘ah bè sì dal
2003, ma quello non mi interessa lasciamolo lì com’è mica mi cerca nessuno su
Internet, io voglio Facebook perché ce l’hanno tutti…’
Per
la migliore:
‘ho capito che il fai da te non paga. Fino a oggi ho cercato di fare da solo, ma mi rendo conto che non è il mio lavoro e soprattutto i clienti stanno diminuendo…’
Da questa mail è partita collaborazione che doveva durare 6 mesi ed è attualmente attiva. Non è stato semplice, ma tra formazione in azienda, restyling sito, attivazione social care e comunicazione social, attualmente abbiamo avuto un incremento dei lead del 18% (che al giorno d’oggi son numeri!).
‘ho capito che il fai da te non paga. Fino a oggi ho cercato di fare da solo, ma mi rendo conto che non è il mio lavoro e soprattutto i clienti stanno diminuendo…’
Da questa mail è partita collaborazione che doveva durare 6 mesi ed è attualmente attiva. Non è stato semplice, ma tra formazione in azienda, restyling sito, attivazione social care e comunicazione social, attualmente abbiamo avuto un incremento dei lead del 18% (che al giorno d’oggi son numeri!).
Tre consigli da 140 caratteri l’uno per
l’imprenditore che vuole lanciare la sua prima iniziativa nel mondo digitale
Mi
ripeto, ma è l’essenziale
1. #PMI
Reagisci e esci dall’immobilismo. Aggredisci prima di morire come una balena
spiaggiata! #CulturaDigitale
2. #PMI
Acquisisci idee, conoscenza grazie alla formazione e alla contaminazione tra le
nuove e le vecchie generazioni #CulturaDigitale
3. #SciurBianchi
Adotta con coraggio nuovi processi: partendo dall’umiltà sincera di voler
cambiare #CulturaDigitale
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