Confesso resto ancora stupito quando, intervenendo nelle
aziende, vedo occhi che si spalancano e l’interesse impennarsi –magari è una
mia impressione, ma quando vedi persone che si buttano a prendere appunti
furiosamente il dubbio ti viene- quando spiego che il tempo dei bisogni è
morto.
Se i formatori, i consulenti, compreso io, negli anni Ottanta e Novanta vi hanno
assillato sostenendo che l’azione del venditore –e dell’azienda- consisteva nel
sostenere il bisogno, far nascere il bisogno, far emergere il bisogno, creare
il bisogno, oggi –se sono seri- devono cambiare musica.
Del bisogno non importa niente a nessuno.
Anzi, se andate da un cliente a chiedergli –non così
direttamente, ça va sans dire- “di che
cosa ha bisogno” sono pronto a scommettere che nel 99,87% dei casi come
minimo questo cliente vi risponderà “di
niente, soprattutto non di lei!”.
Oggi bisogna andare oltre, chiederci perché i clienti hanno
bisogni che non vogliono dirci per paura che noi gli piazziamo qualche cosa che
poi non servirà loro.
Bisogna capire che cosa muove le aziende e le persone.
dargli un nome.
Questo nome è semplice: obiettivo.
Tweet: Non chiedere più al cliente "di che cosa ha bisogno?" Chiedigli piuttosto "che obiettivo vuole raggiungere?" (clicca per twittare)Questo nome è semplice: obiettivo.
Chiunque ha obiettivi, non esiste una azienda che non abbia obiettivi. E se questi obiettivi sono ben posti –sono sfidanti come si suol dire- non sono facili da raggiungere: tra loro e il cliente si frappongono ostacoli, vale a dire tutto ciò che rallenta o addirittura impedisce il raggiungimento dell’obiettivo.
Siamo in grado di aiutare il cliente a superare questi
ostacoli? Allora diventeremo partner interessanti.
Le tre domande da fare al cliente oggi sono dunque queste:
“Qual è il suo obiettivo?”
“Che cosa le impedisce di raggiungerlo?”
“Quali sono le conseguenze se non foste in grado di raggiungere
l’obiettivo?”.
Certo, il cliente può rispondere in maniera molto secca alla
prima domanda.
Non potrà dirmi “non ho obiettivi”, ma in maniera ancora più
diretta: “scusi, ma perché dovrei venire
a raccontarlo a lei?”.
Quindi alla fine è una questione di reputazione e
autorevolezza personale. Oltre che di preparazione (della quale parla benissimo
proprio qui
Randall K Murphy di Acclivus)
L’importante dunque è essere autorevoli. Che poi è il tema di questo blog.
E voi, che esperienze avete in merito?
Nessun commento:
Posta un commento