Uno
dei compiti del consulente di marketing è quello di restare aggiornato.
Quotidianamente. Se non studi di continuo, se non cerchi di capire le tendenze,
se non ti guardi in giro –ad esempio io ho provato a farlo in un recente
viaggio negli States proponendo le mie deduzioni in alcuni mini-video
raccolti in questa playlist- se non cerchi continuamente di capire dove sta
andando il (nuovo) mondo. È perciò con grande interesse che ho divorato –letto
in un giorno- questo saggio di Matteo Testori che esamina, con rigore, e illustra,
con brillante linguaggio, come è variato il profilo del consumatore e come si
debba ragionare oggi per vendere al cliente finale. Ne
Shopper
Marketing proposta da Franco
Angeli Editore, l’autore, Matteo Testori, CEO
di Dialogica, la cui missione è quella “di migliorare i risultati nel vero momento
della verità: l’ ultimo miglio, il punto d’incontro fra l’azienda e i clienti” ci guida
alla comprensione di come gli shopper, vedremo poi chi sono, prendono decisioni
nel punto vendita. Interessante vero?
Per
spiegare meglio questo mondo mi sono fatto aiutare dall’autore. Dato
l’interesse che il tema presenta, ho spezzato la lunga ed intrigante intervista
in due puntate. Ecco la prima.
1.
Qual è lo scopo del suo libro? che cosa vuole
suggerire all’imprenditore italiano?
Il testo vorrebbe suggerire all’imprenditore
e al manager una cultura dell’ascolto, della comprensione, dell’utilizzo
corretto di strumenti di ricerca adeguati. Ho intitolato uno dei capitoli
centrali del libro “se non lo conosci non puoi migliorarlo”. Se non conosciamo
chi è il nostro cliente, sia esso consumatore finale o responsabile degli
acquisti, non possiamo migliorare la nostra offerta. Nei mercati la non
conoscenza è uno delle trappole più insidiose. Ciò che noi non sappiamo sarà
prima o poi scoperto da un nostro concorrente.
2.
Qual è il più grande cambio di scenario nel
mondo retail avvenuto negli ultimi anni?
La risposta più ovvia è l’e-commerce. In
realtà ciò che emerge dal libro, e che è ben chiaro ai retailer più avveduti, è
la necessità di definire e realizzare dei negozi (reali o virtuali), degli
assortimenti, delle esposizioni veramente pensate per i clienti. Si fa
riferimento alla shopping experience complessiva come uno dei fattori che più
influenzano lo shopper, i suoi acquisti, la sua fedeltà. La stratificazione
degli assortimenti nel tempo, mi riferisco specialmente ai prodotti di largo
consumo nel canale GDO, è stata dettata e guidata da criteri di opportunità, di
vantaggio economico immediato (pensiamo ai contributi per l’inserimento di
nuovi prodotti). Ciò ha prodotto un proliferare di prodotti francamente inutili
per lo shopper, magari necessari per riempire dei volantini promozionali, ma
del tutto sovrapposti con altri brand o con le private label. Forse non tutti
sanno che sul tempio di Delfi, oltre alla famosa scritta “conosci te stesso”
era scolpita anche la frase “niente di troppo”. La psicologia dei consumi ha
dimostrato negli ultimi anni che l’eccesso di offerta disorienta e, nel
complesso, deprime le vendite della categoria di prodotti.
3.
Chi è lo shopper “protagonista” del libro che
appunto si chiama Shopper
Marketing?
Colui che acquista, chi entra in un negozio,
nella maggior parte dei casi, almeno fino ad ora, fisico. Siamo tutti noi nel
momento in cui acquistiamo qualcosa, per uso personale, per la famiglia, per
fare un regalo. Non necessariamente lo shopper è il consumatore; chi acquista
si fa carico delle necessità, dei desideri, di chi poi userà i prodotti. Lo
shopper deve fare convivere i desideri dei consumatori con le sue disponibilità
economiche, deve districarsi nel marasma delle offerte speciali, mediando fra
convenienza e soddisfazione del consumatore finale.
4.
Il category management è una tecnica
obsoleta? Perché?
Direi proprio di no, anzi: in un periodo di
turbolenza dei consumi e di erosione dei margini per industria e distribuzione
la gestione efficace ed efficiente delle categorie, intesa come soddisfazione
complessiva di segmenti diversi di shopper, assortimenti, spazi dedicati,
posizioni all’interno dei punti vendita, redditività, resta un pilastro
centrale per i retailer. Idem per l’industria. Purtroppo, come spesso accade,
le buone pratiche di marketing si scontrano con le esigenze contrastanti degli
operatori economici. La maggior parte dei progetti di category non hanno un concreto
sviluppo per molti motivi, non ultimo il conflitto fra esigenze deli produttori
e dei distributori
5.
Molti acquisti sono frutto di decisioni prese
molto distanti dal punto di vendita: come influenzarle?
Ancora, il vecchio marketing che, se usato
correttamente, è più attuale che mai: capire in dettaglio chi sono i
consumatori e cosa vogliono. A questo punto mi pare necessario aggiungere l
comprensione e segmentazione degli shopper. Solo quando ho capito in profondità
chi sono, cosa desiderano, quali fattori spingono le persone ad allungare una
mano e acquistare proprio quel prodotto e non un altro, chi e come lo
utilizzerà, che valore genererà, chi o cosa può sostituirlo, allora posso
ricorrere alla leva pubblicitaria, ovviamente nelle sue molteplici e variegate
forme. I vecchi media; tv, radio, stampa, affissioni e, su certi target, con
codici, stili, modi specifici, il web.
6.
In che modo il web può influenzare le
decisioni di acquisto dello shopper?
Lasciamo un po’ di suspense… la risposta a
questa domanda nella prossima puntata.
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