Re-post: retweeting the best post of 2010 till Jan 10th
Re-post: retweetiamo i migliori articoli dei primi mesi, fino al 10 gennaio riproposta dei post più interessanti
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Non abbiamo tempo da perdere. Ancora peggio. Abbiamo molto meno tempo di quello che ci servirebbe per fare le cose che vorremmo. E anche per le cose che dobbiamo fare. Quante possibilità abbiamo di conquistare un nuovo cliente che non sa nulla di noi?
Pensi davvero di avere sufficiente fascino, e fortuna, da agguantare una telefonata perché hai una voce incantevole o un brand forte alle tue spalle?
A chi siamo soliti dedicare il nostro tempo? A coloro che possono essere per noi una risorsa: ma è vero? In che modo possiamo essere percepiti come “fornitori di valore” da chi non abbiamo mai incontrato in precedenza, e non ha mai sentito parlare di noi?
Per superare questa difficoltà avvincente, il motivo reale per cui dobbiamo fare 1.000 telefonate per ricevere 1 solo ordine, dobbiamo ricoprire il nostro percorso di referenze straordinarie e convincenti, il modo migliore affinché la nostra reputazione ci preceda.
Joanna Black, uno degli autori da me più citati – e preferiti – l’ha affermato chiaramente già parecchio tempo fa.
Perché però in genere noi non siamo soliti chiedere referenze? Joanna suggerisce che abbiamo timore. Io credo che abbia ragione. Ma come è possibile che noi, i super-venditori che sanno affrontare clienti scortesi, uffici acquisti arroganti senza concedere sconti, come è possibile che abbiamo paura di chiedere referenze ai nostri clienti preferiti, quelli che ci apprezzano perché hanno già sperimentato il nostro valore?
Non serve rivolgersi a psicologi per far emergere e comprendere il nostro trauma sconosciuto. Basta guardarsi allo specchio.
Specchio è proprio la parola giusta che ci può aiutare a comprendere questo timore apparentemente inesplicabile.
Quando dai volentieri una referenza a qualcuno? Quando non temi di fare brutta figura. Io non voglio giocarmi la reputazione suggerendo qualcuno ad un mio amico a meno che non sia davvero convinto che sto sponsorizzando qualcuno realmente meritevole di fiducia.
Abbiamo forse timore che non siamo davvero affidabili per i nostri clienti, al punto che possano spendere parole a nostro favore con i loro amici?
C’è inoltre una seconda causa che ci trattiene dal chiedere referenze. Come qualsiasi altra cosa, nella vendita e nella vita, chiedere una referenza richiede pratica, esercizio. Perché deve essere fatto in maniera corretta, non alla macchinetta del caffè, non in corridoio, non con un atteggiamento “ah, a proposito”. E tutti sappiamo bene che noi, i super-venditori, odiamo davvero tanto prepararci e fare pratica.
Se però mettessimo in pratica la corretta metodologia per chiedere referenze, potremmo ottenere molta più credibilità e rendere più semplice la nostra strada verso il successo.
Cos’hai fatto per aumentare la tua percentuale di referenze? Come puoi superare le resistenze?
Ti piacerebbe saperne di più? Anche a me. Questo è il motivo per cui ho intervistato Joanna. Resta con noi: la sua intervista verrà presto pubblicata su questo blog.
English version
We have no much time to waste. Even worse. We have less and less time those thinks we would love to do. And even for those things we have to do. How many chances do we have to meet a new client who know nothing about us?
Do you really think to have enough charm, and luck, to grasp a call just because you have a magic voice on the phone or you have a nice brand behind your shoulders?
Whom we tend to spend time with? Those who can be a resource to us: is that true? Now, how can we be perceived as a value provider by those whom we have never met before, and who never heard about us?
To overcome this challenging hurdle, the real reason we must make 1.000 phone calls to get 1 single order, we need to stone our path with powerful references, the best way to let our reputation precede us.
Joanna Black, one of my most quoted –and preferred- authors, stated it clearly long ago.
Now, why don’t we ask for referrals? Joanna suggests we are afraid of. I do agree. But how comes that we, the supersalesmen, the ones who can stand in front of nasty clients, arrogant buyers without giving away discounts, how come that we are afraid to asking for a referral to our beloved customers, the one who like us because they have tasted our value?
Don’t go asking to a psychologist to surface and dissolve your unknown trauma. Just look in the mirror.
Actually mirror is the right word that can help us to understand this inexplicable fear.
When are you willing to give a referral to someone else? When you are not afraid to do bad figure. I won’t play with my reputation suggesting someone to a friend of mine unless I’m really convinced that this guy I’m sponsoring is really trustworthy.
Are we then fearing we are not so reliable for our clients? So that they can spend their word for us with their friends?
And there is also a second cause that prevent us from asking for referral. Like everything else in sales, and life, asking for a referral requires practice. Because it should be done in the proper way, not at the coffee machine, not in the corridor, not with an “ah, by the way” attitude. And we know deep inside that we, the supersalesmen, hate so much preparation and practices.
Now, on the other hand, if we do practice the methodology to ask for referral, we could win much more credibility and ease our way to the top.
What did you to increase your referral rate? How could you overcome resistances?
Would you like to know more about this? So did I. This is why I interviewed Joanna. Stay tuned: her interview will appear soon on this blog.
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