mercoledì 27 marzo 2013

Expo esperience



Esperienza è la parola magica: raccontare, sperimentare, vivere. Il cliente non vuole più guardare e sentir descrivere, vuole partecipare all'esperienza, diventare protagonista della storia.
La shopping experience è, nel mondo retail, una strategia ormai consolidata. Si cerca di far vivere una avventura al cliente così che comperare sia una conseguenza quasi inevitabile, parte della favola.
Ikea è un esempio interessante di questo modo di vendere: non ti mostro il mobile ma ti creo un ambiente, ti invento un sogno nel quale puoi diventare attore principale. E tutto è in vendita.
È seguendo questo principio, innovativo, che Peopleware Solutions ha creato Smart Opportunity Exhibition, la prima fiera SmaRterializzata declinata in diverse avventure.
Una esposizione che non esponga sembra quasi un cattivo gioco di parole, in realtà il valore aggiunto è tutto qui: sostituire la stanca sequela di stand tutti uguali, dove i prodotti gridano addosso a visitatori disinteressati, con lo spirito di avventura che valorizza le soluzioni creando ambienti così come li puoi trovare nella realtà.
Parte a giugno  la prima edizione di Smart Energy dedicata al mondo green della produzione di elettricità, calore, condizionamento, la linfa della casa così come degli edifici organizzati: ospedali, scuole, centri commerciali,  teatri e così via.
Il tutto realizzato con una commistione di reale e virtuale: gli ambienti di esibizione infatti saranno misti, da un lato ambienti creati opportunamente per far vivere le soluzioni proposte, dall'altro -grazie alla realtà aumentata- virtualizzazioni digitali di quelle che potrebbero essere le applicazioni finali.
Non basta: per dare seguito alla storia e non concludere con le giornate di apertura, l'expo prosegue poi la sua corsa sul web, dando così continuità con modalità giovani e moderne, a ciò che è stato avviato nei padiglioni esibitivi di san Grato.
Immaginiamo anche una punteggiatura di codici QR che rimandino a video o simulazioni, storie e narrazioni che chiudono il cerchio e aprono quello della vita.
Le aziende interessate possono rivolgersi a Peopleware Solutions srl - commerciale@peoplewarecommunication.it o visitare il sito www.infiera.biz

martedì 26 marzo 2013

L'università e le web series



È partita da poco e ha già una valanga di fan. Si tratta della web serie Dr. Rob girata all’interno dell’Università Campus Bio-medico di Roma. Un connubio curioso quello tra la comicità… digitale e la seriosità dei un ente apprezzato in tutto il mondo.
Abbiamo chiesto a Luigi Granato, sceneggiatore della serie web, di risponde ad alcune domande per aiutarci a capire come la scelta del web, e questa scelta, si inserisca nell’attività di promozione dell’università romana.

PP: La prima domanda viene da sè: cosa ha a che fare una web series dal taglio ironico con una struttura come il Campus Bio-Medico rinomata per la sua eccellenza nel settore medico-scientifico?
LG: apparentemente poco o nulla, ma era proprio questa la sfida iniziale: veicolare i temi e i valori fondamentali del Campus Bio-Medico in maniera fresca, leggera e vicina alle nuove generazioni. Per fare ciò abbiamo pensato di utilizzare il branded content come strategia di comunicazione ed il web come piattaforma privilegiata. ll branded content ci permetteva infatti di creare dei contenuti narrativi autonomi disancorandoci dal linguaggio austero associato al campo scientifico e allo stesso tempo conservando i valori etici connessi al Campus ed il tema medico, espropriato però della componente ansiogena legata alla malattia. La produzione di una sit-com medical ci è sembrata la risposta naturale a tali esigenze.
PP: E quali sono i vantaggi per il Campus? Intendo dire, in questo modo non si corre il rischio che il contenuto, cioè la sitcom, prevalga sul brand da comunicare, in questo caso il Campus?
LG: I vantaggi sono molteplici. In un certo senso è vero che il contenuto prevale, ma non a scapito del brand, anzi a supporto. Il branded content è la nuova frontiera del marketing e permette di sottrarre dal panorama sovraffollato dell’offerta il brand da comunicare. Le persone infatti riconoscono ormai le forme classiche di advertising e tendono ad abbassare quasi inconsciamente la soglia d’attenzione rispetto al messaggio del brand: è come se avessero sviluppato gli anticorpi rispetto a tutto ciò che è “pubblicità”. Diversamente il branded content elimina completamente la componente persuasiva del messaggio promozionale per concentrarsi sulla componente narrativa facendo così leva sul bisogno innato dell’uomo di sentirsi raccontare delle storie. Non storie qualunque ovviamente, ma storie che, come dicevo prima, riprendano i temi e valori del brand da comunicare. Il brand quindi diventa il (co)produttore di un contenuto narrativo del tutto autonomo e creto ad hoc, che non viene più percepito come promozionale, ma affabulatorio e d’intrattenimento, arrivando quindi con maggiore efficacia a destinazione. In questo senso si può parlare di una sinergia costruttiva tra il brand e la storia narrata, in questo caso tra il Campus e la web series prodotta.
PP: E rispetto alla scelta di privilegiare il web?
LG: La scelta del web come piattaforma di distribuzione ci dava la possibilità di centrare l’altro obiettivo: parlare alle nuove generazioni. Il Campus Bio-Medico infatti è un policlinico universitario frequentato da una moltitudine di giovani studenti cresciuti a pane e serie americane. Vedere la propria università al centro di una serie, oltre ad aumentare il loro senso di identità e appartenenza al Campus, li avrebbe resi i primi fruitori e promotori di un prodotto del genere. Youtube è ormai considerato dalle nuove generazioni alla stregua di una qualsiasi altro canale attraverso il quale fruire di contenuti audiovisivi, meglio se dalla breve durata. E quando un filmato su Youtube riscontra i favori del pubblico, qual è la prima cosa che si fa? Si condivide attraverso i social network (Facebook, Twitter ecc) rendendolo visibile a tutta una serie di persone che fino a qualche minuto prima ne ignorava l’esistenza. In questo senso i social network permettono di fare da cassa di risonanza dei contenuti audiovisivi apprezzati dagli utenti, un po’ come succede con il passaparola.
PP: Entriamo ora nello specifico della web series: chi è il Dr. Rob e che cosa rappresenta?
LG: Il Dr. Rob è un automa, un robot dalle fattezze umane, tanto da sembrare a tutti gli effetti una persona in carne e ossa. In realtà si tratta del più alto progetto di ingegneria messo a punto da diversi poli universitari tra cui il Campus Bio-medico. Il Dr. Rob rappresenta il sogno di realizzare un medico perfetto, un medico che, una volta che il paziente ha esposto i sintomi, riesce immediatamente a fare la giusta diagnosi e a somministrare la giusta cura. Senza errori! Ora bisogna solo testare il Dr. Rob nella fase beta, ossia vedere come il Dr. Rob si relaziona con i pazienti attraverso dieci visite ambulatoriali. Ed è proprio qui che la web series ha inizio. Ma come vedremo le cose non andranno proprio come dovrebbero. Al Dr. Rob vengono infatti affiancati due specializzandi del Campus: Sara per la parte medica, Marco per la parte ingegneristica. Ma tra i due non scorre buon sangue e così il giorno prima dell’inizio della fase beta, mentre sono impegnati in uno dei loro battibecchi, Sara e Marco danneggiano accidentalmente il Dr. Rob provocando nell’automa dei malfunzionamenti che appariranno come dei comportamenti strani agli occhi dei pazienti, i quali ignorano la vera natura del Dr. Rob. Toccherà proprio a Marco e Sara giustificare di volta in volta le stranezze del Dr. Rob e aggiustarlo prima che si concluda la fase beta.
PP: Prima parlavi di valori da comunicare: qual è il messaggio che vuole trasmettere una web series come il Dr. Rob?
LG: Come in ogni opera narrativa è nel finale che si cela il messaggio. Senza svelare dunque quello che accadrà nell’ultima puntata, posso dire che il mito di un medico robot che rappresenti la perfezione verrà messo a dura prova e si scoprirà invece che l’unica “macchina perfetta”, pur con tutti i suoi limiti, è l’uomo! La persona umana ha qualcosa che il robot non potrà mai avere… ma per scoprire cosa vi invito a vedere l’ultima puntata.

PP: Quali sono state le difficoltà che avete incontrato nella realizzazione della web serie?
LG: Le difficoltà maggiori sono state quelle legate al tempo a disposizione. Abbiamo avuto infatti solo dieci giorni per girare tutte le dodici puntate della serie. Considerato che per la prima e l’ultima puntata avevamo anche bisogno di location particolari, abbiamo girato le dieci puntate dell’ambulatorio in poco più di una settimana, solitamente una al mattino e una al pomeriggio, costringendo tutta la troupe a ritmi serrati e giornate di lavoro massacranti (è capitato di alzarci alle 6 del mattino e di andare a letto alle 2 di notte). La nostra fortuna è stata quella di essere, oltre ad una troupe di professionisti, un gruppo di amici che fanno questo lavoro con passione e senza risparmiarsi. Un’altra difficoltà è stata quella di far convivere un vero e proprio set cinematografico in un luogo che è deputato a tutt’altro e a cose molto più importanti, trattandosi di un policlinico. In questo senso i vari intoppi che si sono presentati a riguardo sono stati superati ogni volta grazie alla disponibilità del Campus.

PP: Ci puoi raccontare qualche aneddoto sul set?
LG: Come dicevo sono stati dieci giorni intensi e aneddoti ce ne sarebbero tanti da raccontare.  Un aneddoto simpatico è legato al giorno in cui dovevamo girare con le guest stars della serie: Osvaldo e Destro, i due centravanti della Roma. Quel pomeriggio eravamo in comprensibile fibrillazione, oltre che per l’emozione di dirigere sul set dei calciatori della serie A, anche perché i due ci avevano dato circa due ore di disponibilità e noi in quel tempo dovevamo girare un’intera puntata per la quale solitamente impiegavamo dalle quattro alle sei ore. Ricordo che prima che arrivassero i due giocatori della Roma, con Federico pianificammo e cronometrammo tutte le varie scene da girare compresi il tempo per il trucco, i vari ciak che avremmo dovuto fare, i tempi morti e le pause. Quando Osvaldo e Destro arrivarono (in ritardo) eravamo tesissimi, innanzitutto perché non sapevamo come comportarci con loro e poi perché non eravamo per niente sicuri che saremmo riusciti a girare tutta la puntata. Ed invece sul set i due giocatori si sono rivelati simpaticissimi, si prendevano in giro fra di loro e sono riusciti a stemperare la tensione che avevamo accumulato. Alla fine, complice anche la bravura dei due attori improvvisati, abbiamo girato tutto in un’ora e mezza, pausa inclusa. Un miracolo che non siamo più riusciti a ripetere.

PP: Che tipo di risposta avete avuto? Dal Campus e dal pubblico intendo.

LG: Per quel che riguarda il Campus la risposta di studenti e dipendenti è stata al di sopra delle nostre aspettative: ancora oggi, a distanza di oltre un mese dalla messa online della prima puntata, il Dr. Rob è l'argomento più discusso nei corridoi e in sala mensa. Per quel che riguarda la risposta del pubblico siamo abbastanza soddisfatti: ad oggi le visualizzazioni della prima puntata hanno superato quota 8.700. Oltre al dato quantitativo l’elemento che ci dimostra l’apprezzamento degli utenti è dato dai numerosi “like” su Youtube e Facebook e dal diffondersi della web series fra i social network. Inoltre considerato che, così come per il budget di produzione, non abbiamo potuto fare affidamento su grandi mezzi economici per la promozione, il continuo aumento delle visualizzazioni di tutte le puntate anche dopo settimane dalla messa on-line, dimostra che la serie è piaciuta e il passaparola sta funzionando.

PP: Avete altri progetti del genere per il futuro?

LG: Il Dr. Rob è stato per noi sicuramente un lavoro molto stimolante e gratificante, ma anche un’opportunità per affinare il metodo di lavoro e l’affiatamento di gruppo, tanto da convincerci a formare un gruppo di lavoro stabile fondando una nostra società: Save the Cut. Quello che ci contraddistingue è la comunicazione non convenzionale, in particolare il mettere al centro della nostra strategia comunicativa la narrazione di buone storie per valorizzare un brand. Siamo ancora in una fase work in progress, ma la macchina è partita e c’è grande entusiasmo, Inoltre, alla luce dei buoni risultati del Dr. Rob, altre aziende ci hanno già contattato per rilanciare la propria immagine attraverso prodotti di questo genere.


lunedì 25 marzo 2013

L'imbuto delle domande

Com'è possibile fare la differenza nel colloquio con il cliente?

Come farsi ricordare?

Hai 96 secondi per accettare qualche suggerimento?



domenica 24 marzo 2013

Che cosa è il marketing e che cosa ho a che fare con lui?

Ma che cos'è questo marketing e perché dovrei interessarmene?
Serve alle PMI?
Una possibile risposta in questo breve video



venerdì 22 marzo 2013

Tutta famiglia ed e-commerce: la storia di Irene





Trovare l’equilibrio tra lavoro e cura della propria famiglia, questa la sfida che Irene Bartalini ha vinto grazie a Caffelatte a colazione, l’attività che coniuga il piacere di essere mamma alla passione professionale. Irene, pratese, giovanissima, mamma di due bimbi, plurilaureata internazionale, dal 2011 ha spostato la sua attività sul web per poter dedicare più tempo alla famiglia senza perdere di vista il mondo del lavoro. Irene gestisce un portale e-commerce al quale ha associato un blog che racconta della vita di famiglia, di viaggi, di Italia; si diverte a proporre racconti così come suggerisce, con simpatici tutorial come ridare nuova vita agli oggetti. Geniale ad esempio la trasformazione di una vecchia camicia liberty in fodera per il porta iPad. Il tutto rigorosamente bilingue: italiano ed inglese.

Da dove nasce l’idea di Caffelatteacolazione?

In primo luogo dal desiderio di realizzare per i miei bambini qualcosa di unico, fatto con le mie mani e rispondente esattamente all'idea del capo che avevo in mente, poi anche dall'esigenza di dare libero sfogo ad una creatività che ho sempre assecondato nei vari momenti della mia vita, anche prima di essere "Mamma".  

In che modo l’ha aiutata a conciliare professionalità con la maternità?
Lavorare a casa, dove ho creato un piccolo laboratorio, mi permette di gestire il tempo in modo assolutamente autonomo. Il lavoro che facevo prima mi impediva di vedere i miei bimbi la mattina al risveglio (uscivo di casa alle sette o prima), fare colazione con loro, portarli a scuola, tutte cose che dovevo delegare alle studentesse straniere che per qualche anno hanno vissuto con noi. Il pensiero che i miei bimbi sarebbero cresciuti in fretta e che mi sarei persa questi momenti della vita che non tornano più è stato determinante nel prendere la decisione di licenziarmi.

Che sostegno e aiuto le dà la famiglia?
Fondamentale.

È  una professione che la soddisfa?
Assolutamente sì. L'incognita del futuro mi crea ansie e pensieri che prima, come dipendente pubblico, certo non avevo, ma il fatto di essere riuscita a conciliare lavoro e passione è una grande conquista per me.

Uno dei problemi delle donne, per nulla aiutate dalla società, è quello di trovare un equilibrio personale nella difficile conciliazione di lavoro e famiglia: che consigli darebbe per cercare una strada equilibrata?
Difficile riuscire a sentirci soddisfatte come madri, donne e lavoratrici; più facile "scoraggiarsi", abbandonando qualunque proposito ma credo che ogni donna sia una fonte inesauribile di forza, amore e passione e con un po' di tenacia possa trovare il proprio equilibrio, per cui "ascoltarsi" diventa fondamentale.

Un sito di e-commerce è una scelta coraggiosa e originale: la trova anche vincente?
Credo che l'e-commerce sia una realtà affermata in molti Paesi d'Europa e nel resto del mondo e anche in Italia si sta diffondendo in tutti i settori. Ogni giorno scopro con  piacere  che esistono molte mamme alla continua ricerca sul web di marchi e tendenze e  adorano comprare con un clic dall'ufficio per poi trovarsi il loro acquisto comodamente a casa qualche giorno dopo.

Che uso fa del webmarketing per sostenere il suo sito di e-commerce?
Per il momento non ne faccio molto uso.. devo ancora "entrare in questa nuova dimensione"

Video, fotografie, blog: che risultati le stanno dando?
Più che i risultati guardo alla soddisfazione che provo quando li pubblico. Le foto sono già di per sé il risultato di un lavoro che inizia dalla scelta di un tessuto, di un modello, per poi passare alla fase della realizzazione. Il blog (che ultimamente ho un po' trascurato) è un diario, un frammento della mia vita di mamma e vorrei con esso esprimere lo spirito e la filosofia di Caffelatteacolazione e dell'handmade, limitando alle pagine dei social la funzione più commerciale.

È presente anche su social media? quali? come li gestisce?
Sì, siamo su Facebook, Twitter, Pinterest e google+ Tutti questi account sono direttamente collegati al blog, per cui ogni post che pubblico viene automaticamente condiviso su questi social che si trovano anche sul sito.

Disegna personalmente tutti i capi e gli accessori? come sceglie i suoi fornitori?
Personalmente, prendendo spunto dai vestiti che mia mamma comprava per me e le mie sorelle (2) e che ho rivalutato solo da grande. Inoltre, da qualche settimana, ho una designer d'eccezione!
I miei fornitori sono prevalentemente del distretto tessile pratese, dove quanto a qualità c'è solo l'imbarazzo della scelta. Il cotone con stampa fantasia che utilizzo per camicie e altri capi viene invece dal lontano Giappone.

Quali consigli darebbe ad una mamma che sta considerando di intraprendere questa sua medesima strada, in particolare tre cose da fare e tre errori a evitare?
Da fare:
- un bel business plan. Mettere nero su bianco prima di imbarcarsi in una nuova avventura è fondamentale per aver presenti limiti e potenzialità del progetto.
- prendere le cose con calma: non pensare di ottenere tutto subito.  
- fare ma con "passione", senza questa si fa più fatica e si rende meno.
Da evitare:
- l'improvvisazione. Ci vogliono tempo e pratica per la riuscita di qualunque progetto (a meno che non si sia dei geni)
- confondere gli spazi privati col lavoro. Lavorando in casa si finisce facilmente col dedicarsi 24h su 24 al progetto in corso (tipo pranzare velocemente col computer sul tavolo per rispondere alle mails o controllare il sito dopo aver lavorato tutta la mattina su un abito o un pantalone!) .. lo dico anche a me stessa..ci sto lavorando su!
-di scoraggiarsi se non si ottengono subito i risultati desiderati.

Riesce a vendere anche all’estero? con quali risultati?
Presto per dirlo (lo shop è online da sole due settimane) ma ho amici sparsi in vari Paesi d'Europa, in Giappone e in Brasile che apprezzano molto il prodotto "handmade in Italy".. speriamo al punto di comprarlo!

Sta considerando anche canali di vendita che escano dal web? in quale modo?
Sì. Ho contattato alcuni negozi in Italia e all'estero e vorrei partecipare ad alcune mostre-mercato e magari la prossima stagione a una fiera del settore.
Alcuni capi della collezione PE2013 si trovano già in due negozi della mia città, Prato: Babylon Bus Casa e Piccolo Battello.

mercoledì 20 marzo 2013

10 reason to e-commerce Le 10 + 1 ragioni per vendere in rete



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La versione italiana è qui sotto: scorrere per trovare il testo in italiano.




10 reasons to open your e-commerce website

1.     You can widen your market
2.     You can reach clients that are far away, even in different countries
3.     You increase your reputation and visibility, which means you can leverage your local activity
4.     Payments are cash, safe and in advance
5.      You can produce what you have sold reducing your stock
6.     You can customize your product therefore increasing their value for the client
7.     You have to find new ideas and find new ways
8.     You can interact much more easily with your clients: more publicity and news ideas for you. Free of charge.
9.     Digital word-of-mouth is much powerful and exponential
10. You can grow as an opinion leader in your field of expertise.

And all this is at hand if you just know how to build a shopping experience website. Indeed we are not talking of a mere virtual shop, we are talking of a shopping environment which should create the magic.
Do you wanna talk about?

La versione italiana



Le dieci ragioni per aprire un sito e-commerce

1. Aumenti il tuo mercato.
2. Puoi vendere anche dove adesso non riesci ad arrivare. Anche all’estero.
3. Aumenti la tua visibilità con ritorni diretti per la tua attività.
4. Incassi subito e con sicurezza.
5. Puoi produrre sul venduto.
6. Puoi personalizzare i tuoi prodotti e accrescerne il valore.
7. Sei costretto a pensare e a trovare nuove idee.  Ottimi stimoli per la tua attività.
8. Interagisci più facilmente con un pubblico più ampio: ti fai conoscere e ti arrivano nuove idee. Gratis.
9. Sfrutti il passaparola digitale che è molto più esponenziale.
10. Puoi diventare un opinion leader di riferimento del tuo settore

e grazie ad un commento di MondoPMI molto attivi grazie anche al loro account Twitter ne aggiungiamo uno
11. "le #PMI grazie all'e-commerce riescono a competere con realtà più grandi e strutturate". 

Tutto questo purché tu sappia come gestire correttamente un e-shop, che non è solo un negozio digitale, ma un ambiente di conversazione.

Ne vogliamo parlare?

lunedì 18 marzo 2013

E-commerce delle mie brame


English text first, to get the italian version scroll down.

La versione italiana è qui sotto: scorrere per trovare il testo in italiano.



The e-commerce seems to be a good solution to increase one’s business. Even if it is small. Good solution for SME and craftsmen to launch and export their often hand made products.
Yes but…
You have to follow certain precise rules. Andrea Cannizzaro in this italian post lists 10 commandment to follow to be successful:
1 keep it simple
2 keep ti open 24x7
3 spend time and efforts in advertising
4 study your clients: stats can help
5 sell dreams: storytell!
6 details are essential
7 thanks for the complaints
8 that’s the best price
9 draw shortcuts
10 use images

I’d like to spend few words about the 5th suggestion, which is closely linked to the 3rd and the 10th. That’s the point in my opinion: not the product, which won’t make the difference but harmfully (if it’s bad, you are out!) but the way you create a dream, a story, a surroundings, a feeling. We are not selling apparel, furniture, jewelry but how to be a princess, how to wear Italian, how to live in a castle.
Which are the e-shops that are the best one in your opinion? Which ones would you suggest us to use a s best practices? Can you help us to build a database of good clues? Let me start with the first one: click here to discover it. It’s a surprise! 




La versione italiana






E-commerce strategia per il futuro. E per il presente. Ci credo molto. Se fatto bene. Se progettato e non aperto con la classica filosofia italiana del “proviamo anche così non si sa mai”.
Per questo vorrei dedicare qualche post a questo tema e parto costruendo sulle idee degli esperti.
Andrea Cannizzaro scrive in questo articolo molto sintetico ed essenziale le 10 regole da tenere sempre presenti per il buon funzionamento di un e-commerce. Vi invito a leggere il testo originale, qui mi limito a enunciare i 10 comandamenti e a commentarne uno, anzi tre. Ma connessi.
Ecco il decalogo
1 fallo semplice
2 sempre aperto
3 promozione e pubblicità
4 analizza le statistiche per capire il tuo pubblico
5 vendi sogni
6 i dettagli sono essenziali
7 grazie della lamentela
8 ok il prezzo è giusto
9 accorcia le strade
10 usa le immagini

ed ecco la mia riflessione sui punti 3, 5 e 10. Che possiamo racchiudere nella parola storytelling, usata proprio da Cannizzaro. Per dare successo ad un e-shop bisogna creare l’ambiente: questo è il cuore del progetto. Il prodotto conta, sia chiaro, ma non fa la differenza se non in negativo: è brutto, non vende. Senza il sogno, l’immagine, il desiderio si fa poca strada anche su web.
Quali sono gli i siti di vendita on-line che vi hanno colpito di più e perché? Ci aiutate a generare una biblioteca di e-commerce migliori da prendere come esempi? Ecco qua il mio suggerimento: una sorpresa, cliccate per scoprirlo.



venerdì 15 marzo 2013

Turismo e web: una strada che dovremmo esplorare





Siamo una nazione che potrebbe vivere sul turismo. Uno dei nostri limiti è l’incapacità di inserire le innovazioni nella tradizione. Ad esempio il web. Per questo oggi voglio dedicare spazio ad un agriturismo che ho incontrato sulla rete e che mi ha colpito per la capacità di porgersi con delicatezza, ma senza timore. Con una eleganza che fa subito la differenza. E ho cercato di capire meglio chi ci fosse dietro.
Ecco perché lascio la parola a Monica Altobello e alla sua storia.

La mia famiglia, originaria del Polesine rovigotto, si trasferisce per lavoro nel 1980 a Verona tra le colline di Quinzano.
I miei genitori cominciano questa avventura veronese e la nostra azienda agricola, come la nostra famiglia, affonda le sue radici sempre più in profondità innamorandosi di questi panorami collinari farti di oliveti, viti, boschi e prati.
Noi siamo, principalmente, allevatori, coltiviamo la terra e amiamo il vivere nella natura.
Non può esistere, infatti,  Agriturismo senza Azienda Agricola.

L'agriturismo Altobello nasce, quasi 20 anni fa, dalla passione per la cucina di mia mamma Marisa che, fin da piccola, in campagna,  si era dimostrata una allieva provetta per svariate ricette contadine aiutando la mia nonna Nella e la mia bisnonna Maria.

Appena terminata la maturità, Io fuggo dalla mia realtà agricola convinta di trovare la mia realizzazione in città, in un ufficio, in una vita quotidiana scandita di orari fissi, appuntamenti, carte .... ma ben presto maturo la certezza che quella non era la mia strada.

Nel 1996 mi sposo e nel 1997 torno a lavorare in famiglia coadiuvando i miei genitori nell'allevamento e nell'agriturismo.
Così nascono due amori: per mio marito e per il mio lavoro.

L'agriturismo negli anni cresce, si rafforza e prendiamo il coraggio di pensare di poter affrontare una nuova sfida: gli alloggi.
Ristrutturiamo una vecchia stalla con fienile ormai completamente distrutta e riusciamo a realizzare ben 10 camere, tutte con bagno privato dotandole di ogni confort.
Privilegiamo per il mobilio l'artigianato della bassa veronese, diamo agli ambienti un atmosfera di semplice ruralità.
Questa parte della nostra azienda agricola, abbandonata e in preda al degrado, prende di nuovo vita nel pieno rispetto dei suoi ritmi e del suo microclima: Il grande Prato, il vecchio bosco attiguo con i suoni e i profumi sanno creare un'atmosfera ovattata, di pace e di serena gioia che non può fare altro che contagiavi.

La ristorazione quest'anno andrá in pensione perché Agriturismo Altobello sta lavorando per nuove sfide aprendosi al turismo verde, al turismo rurale.
Turismo che desideriamo  coccolare con speciali attenzioni che stiamo già preparando. Novità che non voglio per ora svelare per lasciarvi il gusto della  scoperta, della sorpresa.

Ci fa molto piacere dire che i nostri ospiti qui si sentono a casa lontani da casa. 
Una cara famiglia olandese ieri mi ha scritto una recensione chiudendola con una frase che mi ha commosso, "si arriva da ospiti e si riparte da amici". 
Li ringrazio ancora tanto.

Noi amiamo il nostro lavoro ma é la Natura il vero segreto del nostro successo, é la vera perla preziosa che regala emozioni vere e sincere.

Curioso, e direi comico,  il fatto che il nome del nostro agriturismo é stato voluto dai nostri ospiti.
Noi ci eravamo chiamati "Agriturismo S. Vincenzo" per il capitello che é nella nostra azienda e  nel nostro logo.
Quando io firmavo le mie mail ai miei ospiti con il mio nome " Monica Altobello", la maggior parte pensava .... Monica il nome e Altobello il nome dell'Agriturismo (l'unione di due parole per dire luogo Alto, per essere in collina, e Bello)
Cominciò a verificarsi che  chiedevano ai miei compaesani: "dov'é l'Agriturismo Altobello?"
Mettendoli in imbarazzo per la risposta.
Fu così che, per mia fortuna, ho dovuto cambiare nome e ringrazio tanto tutti i miei ospiti che me l'hanno fatto fare perché io non sono stata così brava da capirlo da sola.

Quattro anni fa il sito web irrompe nel neonato agriturismo, era un sito molto statico e serviva solo come vetrina e la maggior parte delle prenotazioni erano telefoniche.
Negli anni era indispensabile stare al passo e cambiare spesso il sito adeguandolo alle nuove tendenze ed esigenze.

Il sito attuale é on line da febbraio, é nuovissimo.
La sua novità principale é nell'aver inserito i social network.
Premetto che io, da tradizionalista quale sono, ho fatto un po' fatica a capire se volevo far sbarcare Agriturismo Altobello sui social perché ho uno spirito materno, di protezione, verso la mia attività e non ne ero convinta.
Dopo aver lungamente studiato nel web ho avuto la netta sensazione che i social affrontavano una nuova era .... l'era della vera quotidianità  e io volevo farne parte.
Ho deciso di contribuire con la mia realtà a dare una faccia ai social di vita quotidiana, del lavoro semplice, nella natura, per la gioia e il divertimento di tutti coloro che avessero desiderio di venirmi a trovare.

In quale modo usate il web per promuovere la vostra attività?
Agriturismo Altobello cerca di essere presente a piovra in tantissimi portali. Ogni giorno cerco iscrizioni gratuite e una volta all'anno decido con quale portale a pagamento continuare una collaborazione e con quale, invece,  per il momento terminare il rapporto. 
Ultimamente amo molto scrivere commenti  nei blog che ho scoperto come piacevole lettura e piacevole compagnia
Anche questo scrivere un commento é far conoscere me e il mio agriturismo.
Non scrivo mai commenti negativi per rispetto alla fatica di quella persona, o gruppo di persone, che, con il tempo, se qualche errore lo ha commesso, avrà occasione di maturare, correggersi, migliorare. Scrivo sempre sottolineando gli aspetti che mi hanno positivamente colpito e ringrazio per questo.

Altra attività che mi appassiona nel web per promuovermi sono le foto e le mappe del mio territorio.
La maggior parte del tempo la dedico ai social come Twitter e Facebook.
La promozione sul web occupa una parte importante e fondamentale del mio lavoro giornaliero.

Che consigli potete dare per avviare un percorso di webmarketing per attività come la vostra?
Io ho ascoltato con molto piacere tutti i consigli che mi davano all'inizio e li ascolto ancora molto volentieri, sempre ben accetti per migliorare.
L'unico che mi sento di dare é questo: Camminate adagio, molto adagio, decidete passo passo, siate grati ai vostri errori e prodigatevi per far bene con spontaneità, sincerità, seguendo le vostre emozioni. Con la passione si va lontano e i sacrifici non pesano.

Che vantaggio vi ha dato essere presenti in rete?
L' Attività Agrituristica non potrebbe essere competitiva senza la rete ed é solo grazie alla rete se riesce a pensare di superare questo periodo di crisi italiano e a credere in un futuro  migliore.
Grazie al lavoro quotidiano sulla rete tocco con mano che il mondo é così lontano ma anche così vicino. 

mercoledì 13 marzo 2013

Il Lego e Trenitalia



È andata così. Sono sul treno FrecciaBianca per andare a Cesena. Che poi Freccia… parliamone. Non basta cambiare nome ad un espresso per farlo diventare una freccia…. Comunque. Umanità varia in seconda classe. A Bologna salgono tutti. E comincia a suonare insistentemente un cellulare. Nessuno risponde. Qualcuno comincia ad agitarsi. C’è gran movimento. Alla fine viene localizzato, sotto un sedile. Una ragazza risponde. È il proprietario che l’ha perso. Gli è cascato dalla tasca e non se ne è accorto. La mano corre a cercare il mio iPhone. C’è. Insomma il disperato è sceso a Modena e non sa come fare senza telefono. I passeggeri si mobilitano. Adesso quando arriva il capotreno glielo lasciamo.
La ragazza scende a Faenza e il cellulare è preso in consegna da un simpatico ragazzo che viaggia fino a Rimini. Il treno proseguirà fino a Bari.
Arriva finalmente il controllore che non intende prendersi carico del telefono. È il regolamento. Non ci si può far carico di oggetti rinvenuti. Dice proprio così. Rinvenuti. Discussione. Niente da fare. Il cellulare rimane nelle mani del tipo di Rimini. Finché una ragazza si offre di riportarlo a Bologna la mattina dopo. Si chiama il proprietario. Sì, può venire a Bologna la mattina dopo alle 8.30. Appuntamento all’edicola. Ringrazia milioni di volte.
E si finisce per discutere di servizio al cliente. Assente. Come di gentilezza. E viene in mente la Lego che ha regalato un set intero ad un bimbo che aveva perso un omino e chiedeva sconsolato e disperato il rimpiazzo.
Non capiremo mai.

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