mercoledì 27 febbraio 2013

Le spine dei lillà







I fiori di lillà aiutano il web a colorarsi di primavera. Sotto i fiori di lillà, l’esperta di web marketing Carolina Venturini, aiuta i lettori a districarsi nella giungla della rete e dei social per trarre il meglio dalle opportunità che si incontrano. Come ci ha aiutato a fare tempo fa con questo post che tratteggiava un interessante parallelo tra l’imprenditorialità di un bar di paese e la spinta verso mercati nuovi. 


La prossima proposta di Carolina consiste in un corso rivolto a chi intende promuovere l’ambiente grazie ai social media (pomeriggio di sabato 9 marzo a Roma per informazioni contattate Carolina a questo indirizzo info@carolina-venturini.com). Se son lilla fioriranno, si potrebbe dire. Facciamocelo raccontare da lei




Social media marketing e ambiente: qual è la possibile sinergia?
L'ambiente è una risorsa rilevante per lo sviluppo della vita umana; al tempo stesso, il business e i progetti etici basati sulla tutela ambientale e sull'utilizzo delle energie verdi per uno sviluppo sostenibile di commerci e stili di vita più appropriati risaltano ogni giorno di più nel panorama mondiale. La salvaguardia dell'ambiente così come le iniziative per promuovere l'alfabetizzazione ambientale e il rispetto verso la fauna e la flora locali sono temi che coinvolgono milioni di persone e le lotte per la salvezza di alcune specie a rischio sono state in grado anche di creare movimenti con peso politico rilevante. Il social media marketing può essere uno strumento in più per coinvolgere un numero sempre maggiore di persone, fornendo delle ottime basi per sviluppare una rivoluzione culturale innovando il termine "ambientalista" e "animalista" verso un concetto meno ideologico, ma più basato sul quotidiano e sull'esperienza diretta delle persone con la Natura. I social network possono fungere da casse di risonanza, da aggreganti, da informatori e possono mostrare l'evidenza della realtà; in questo, il social media marketing e le tecniche di storytelling possono andare incontro alle esigenze di chiarezza, tempestività, divertimento, apprendimento. In questo caso, il marketing non ha lo scopo di vendere un prodotto o ricevere prenotazioni. Per l'ambiente il marketing può aiutare a promuovere iniziative culturali nate sotto spinte evoluzionistiche e, volendo, creative. Le persone hanno bisogno della Natura. La Natura ha bisogno anche delle persone. Natura e persone si sviluppano e migliorano insieme. Il social media marketing è un mezzo potente per tenere alta l'attenzione, spingere all'azione concreta, sensibilizzare un numero di utenti sempre maggiore e, infine, operare dei cambiamenti nella società foss'anche solo partendo dal cambiamento di atteggiamento di poche manciate di followers.

Che cosa vuol dire intervenire nel social media marketing oggi?
Intervenire sui social media oggi significa entrare in un flusso variopinto di opinioni e scardinare i cancelli dei dogmi imposti liberando le potenzialità della mente e della critica. Ogni persona ha un suo punto di vista, un evento da proporre, un libro da pubblicizzare, un movimento politico da sostenere o da modellare, qualcosa di importante da dire. Non tutti hanno voglia di esprimere i loro pensieri, ma leggono quello che gli altri scrivono, condividono, copiano, citano. E pensano. Talvolta si interrogano. Tal altra uno spunto è come il primo sassolino di una valanga. Per una persona non collegata ad aziende o associazioni, intervenire sui social significa conoscere stili di vita differenti e viaggiare, anche solo con l'immaginazione. Per le aziende e le associazioni non profit significa tentare di creare una mastodontica lente d'ingrandimento sul proprio marchio e sperimentare un nuovo rapporto con il cliente, i competitori, i successi, le critiche. Tutto questo si può riassumere nel semplice, quanto fondamentale, verbo "crescere".

Sotto i fiori di lillà dicevamo: a volte però questi fiori rivelano inaspettate spine. Molte aziende non capiscono come usare i media: ad esempio continuano a scegliere l'apertura di un profilo facebook invece che di una pagina. Quali sono nella tua esperienza gli errori più comuni?
Non vorrei parlare di errori comuni quanto di approcci simili e difficoltà condivise. La mia esperienza mi ha portato a confrontarmi con aziende e associazioni che, in potenza, avevano molto da dire. Il prodotto buono c'era, la causa etica era rilevante, i mezzi economici non mancavano, la percezione che i social fossero il futuro era presente. Mancavano, tuttavia, i contenuti e la voglia di spendere del tempo nell'imbastire un piano editoriale serio, costruito con solide basi aventi come obiettivo l'incremento della popolarità, delle vendite e delle donazioni. Mancava anche la voglia di confrontarsi con gli utenti; era presente il timore di disattendere e la voglia di imbavagliare le comunicazioni onde evitare critiche o richieste sentite nell'immaginario come troppo "difficili". L'atteggiamento che ho riscontrato più spesso - e che nella maggior parte delle volte ha penalizzato il progetto profondamente - è stato il non voler considerare parte dell'azienda o dell'associazione la persona che si occupava dei social, come se questa fosse qualcosa di esterno e di non rilevante, nonostante i dati statistici e i risultati in breve tempo raggiunti. Se dovessi proprio individuare un errore comune direi che questo si può concentrare nella difficoltà della gestione delle risorse umane e nella capestre scelta di persone non idonee a ricoprire ruoli in ambito social. Affidare l'immagine web di un'azienda a persone non competenti e poi togliere l'incarico per darlo a un nuovo professionista tenuto con contratto esterno è garanzia di problemi la cui sede nasce e si sviluppa nelle motivazioni personali e non professionali. Infine, l'esperienza mi ha portato a considerare che il budget sui social è importante, ma non indispensabile. Bisogna essere in grado di realizzare risultati anche senza budget e questo è un'altro dei problemi rilevanti riscontrati nel corso di questi anni.

Quali sono le difficoltà che oggi si incontrano a far capire alle aziende come organizzare una vera e propria campagna web?
Le difficoltà più significative che si incontrano si possono riassumere in tre concetti: gestione delle tempistiche, gestione dei contenuti, gestione delle risorse. La fretta e l'ansia del doverci essere per forza sono due sgambetti certi così come la mancanza di una visione contenutistica prospettica e l'indifferenza o l'ignoranza nella gestione delle risorse umane sono garanzia di problemi. Le aziende dovrebbero dare più rispetto a sé stesse, al loro prodotto, alle persone che operano per il loro successo e ai clienti. Troppe cose sono date per scontate e troppa faciloneria economica fa dimenticare, in alcuni casi, che il denaro è importante, ma non è tutto e non tutto si concretizza con il denaro. Pessimi comportamenti, mancata gestione delle rimostranze della clientela, comportamenti non etici riguardo alle critiche, assenza di ascolto sono tutti elementi che, alla lunga, possono portare un'azienda alla bancarotta. Anche con un profilo Facebook che vanta milioni di utenti.


Ci racconti una esperienza tua o di qualcuno che conosci che mostri questi errori?
Conosco una collega che è community manager per una grande catena di ristorazione europea. L'azienda madre l'ha contattata chiedendole, nell'arco di pochi mesi, diversi progetti per tre diverse tipologie di lavoro, finendo per accettare l'ultimo e azzerando tutti gli accordi in tempi record. La collega si è trovata a dover ricostruire da zero un lavoro senza budget. Per molti mesi ha chiesto una collaborazione più "vicina", dando disponibilità per incontri anche fuori sede a proprie spese. Il referente non le rispondeva per settimane e, quando la ricontattava, l'unico contenuto che le forniva era un elenco di critiche pesanti al suo lavoro. La collega non aveva a disposizione nessun contenuto. Non poteva crearne di nuovi, nemmeno andando in sede a fotografare di persona le pietanze o a creare ex novo video, musiche, sondaggi o concorsi. Non poteva invitare alla conversazione gli utenti e non poteva realizzare campagne pubblicitarie su Facebook, a meno ché non scegliesse di investire del denaro di tasca propria. Questo perché l'azienda non aveva alcuna intenzione di avere un rapporto con gli utenti. Voleva i social network, ma non voleva gli utenti, anche se il loro incremento era fissato come obiettivo primario a sostegno di strategie per incrementare la portata del brand e ampliare il parco clienti reale. Molti siti, blog e giornali hanno rivolto pesanti critiche al prodotto offerto e al servizio in ogni punto vendita e l'azienda non si è mai mostrata interessata realmente alla propria reputazione online, questo perché, nonostante tutto, per il momento non registrava perdite nelle presenze. Questa situazione ha provocato un impoverimento del lavoro sui social, una perdita di interattività, una menomazione professionale e un gran quantitativo di rabbia che si è manifestato nella chiusura del rapporto di lavoro. Ad oggi i social network della catena sono lasciati allo stato brado, mentre la collega è riuscita a trovare un nuovo impiego.

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