Può il marketing essere applicato alla scuola? L’educazione può essere oggetto di una strategia di comunicazione? Il mondo del no-profit, anzi direi quasi del sure-loss, può venire trattato come una bibita o una vacanza, come un tailleur o un analgesico?
E se la risposta è sì, come pianificare una strategia che
comprenda eventi e campagne web per promuovere le iscrizioni?
Io credo sia non solo possibile ma doveroso seguire delle
strategie innovative e multimediali per promuovere il prodotto educazione
perché non farlo vorrebbe dire implicare due negatività che mi rifiuto di
ritenere vere:
- che
il marketing in sé sia manipolazione e quindi inadatto a promuovere valori
forti come l’educazione,
- oppure
che sia l’educazione un valore non proponibile perché troppo nobile o troppo
mercantile.
Vorrei quindi raccontare in alcuni post il making di un Open
day, perché può essere l’occasione per parlare di come il marketing possa
essere messo a disposizione di servizi costruiti su valori propri e applicare
anche all’abito del no profit o comunque di attività che tradizionalmente si
promuovono per passaparola le strategia e gli strumenti solitamente utilizzati
per prodotti retail. E spero che il ragionare insieme, conto sui vostri
suggerimenti, ci aiuti a trovare strade nuove e innovative per tutti gli ambiti
professionali nei quasi siamo coinvolti.
Iniziamo dunque ad analizzare la situazione. E partiamo
descrivendo:
- Il
prodotto da promuovere: le scuole Faes,
in particolare di Milano. Due righe per parlarne. Si tratta delle uniche scuole
omogenee d’Italia. Oltre che a Milano i centri scolastici sono presenti a
Verona, Bologna, Roma e Palermo. A Milano i centri scolastici sono 3:
femminile, maschile e scuola dell’infanzia.
- Il
mercato: ampio e variegato, dato che si parla di “clienti” che vanno dai due
anni ai diciotto, vale a dire dalla classe primavera dell’’asilo all’ultimo
anno di liceo. Segmentazioni?
Possibili in funzione di alcuni parametri significativi. Li vediamo dopo.
- I
decisori: anche qui è interessante notare le differenze, dato che il peso
dell’alunno sulla decisione cresce in modo esponenziale passando dalle
elementari al liceo.
- I
canali: tradizionalmente la massima esposizione delle scuole avviene nell’Open
day, evento che serve a “mostrare la merce” al pubblico esterno in poche ore
durante le quali la scuola svela il proprio backstage, il proprio piano
industriale e le qualità che la caratterizzano. Ma siamo sicuri che non si
possono usare anche canali innovativi e virali?
- Il
budget: ovviamente trascurabile. Nel senso che non c’è. Se lasciamo da parte la
demagogia di chi sostiene che le scuole private sono macchine da soldi e ci
caliamo nella dura e cruda realtà, scopriamo che quasi tutti gli istituti non
statali stanno in piedi grazie alla generosità di benefattori, al volontariato
di genitori, agli sforzi di tutti per raccogliere fondi. Quindi spremere da
questo cesto investimenti per la promozione significa una battaglia nella
battaglia e trovare direttori audaci e lungimiranti che capiscano il valore di
una iniziativa di questo genere.
In questo quadro ci si deve muovere e agire.
Da dove partire? Due gli elementi da considerare, sottintesi
prima e che qui esplicito:
- il
vantaggio competitivo delle scuole e la caratteristiche sulle quali fare leva
per attrarre
- la
segmentazione del pubblico per offrire nel medesimo contenitore –l’evento open
day- un dialogo adatto e peculiare per ogni pubblico.
Inizieremo da lì il prossimo post.
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