mercoledì 12 dicembre 2012

Il marketing delle scuole












Può il marketing essere applicato alla scuola? L’educazione può essere oggetto di una strategia di comunicazione? Il mondo del no-profit, anzi direi quasi del sure-loss, può venire trattato come una bibita o una vacanza, come un tailleur o un analgesico?
E se la risposta è sì, come pianificare una strategia che comprenda eventi e campagne web per promuovere le iscrizioni?

Io credo sia non solo possibile ma doveroso seguire delle strategie innovative e multimediali per promuovere il prodotto educazione perché non farlo vorrebbe dire implicare due negatività che mi rifiuto di ritenere vere:

-       che il marketing in sé sia manipolazione e quindi inadatto a promuovere valori forti come l’educazione, 

-       oppure che sia l’educazione un valore non proponibile perché troppo nobile o troppo mercantile.

Vorrei quindi raccontare in alcuni post il making di un Open day, perché può essere l’occasione per parlare di come il marketing possa essere messo a disposizione di servizi costruiti su valori propri e applicare anche all’abito del no profit o comunque di attività che tradizionalmente si promuovono per passaparola le strategia e gli strumenti solitamente utilizzati per prodotti retail. E spero che il ragionare insieme, conto sui vostri suggerimenti, ci aiuti a trovare strade nuove e innovative per tutti gli ambiti professionali nei quasi siamo coinvolti.

Iniziamo dunque ad analizzare la situazione. E partiamo descrivendo:

-       Il prodotto da promuovere: le scuole Faes, in particolare di Milano. Due righe per parlarne. Si tratta delle uniche scuole omogenee d’Italia. Oltre che a Milano i centri scolastici sono presenti a Verona, Bologna, Roma e Palermo. A Milano i centri scolastici sono 3: femminile, maschile e scuola dell’infanzia.

-       Il mercato: ampio e variegato, dato che si parla di “clienti” che vanno dai due anni ai diciotto, vale a dire dalla classe primavera dell’’asilo all’ultimo anno di liceo.  Segmentazioni? Possibili in funzione di alcuni parametri significativi. Li vediamo dopo.

-       I decisori: anche qui è interessante notare le differenze, dato che il peso dell’alunno sulla decisione cresce in modo esponenziale passando dalle elementari al liceo.

-       I canali: tradizionalmente la massima esposizione delle scuole avviene nell’Open day, evento che serve a “mostrare la merce” al pubblico esterno in poche ore durante le quali la scuola svela il proprio backstage, il proprio piano industriale e le qualità che la caratterizzano. Ma siamo sicuri che non si possono usare anche canali innovativi e virali?

-       Il budget: ovviamente trascurabile. Nel senso che non c’è. Se lasciamo da parte la demagogia di chi sostiene che le scuole private sono macchine da soldi e ci caliamo nella dura e cruda realtà, scopriamo che quasi tutti gli istituti non statali stanno in piedi grazie alla generosità di benefattori, al volontariato di genitori, agli sforzi di tutti per raccogliere fondi. Quindi spremere da questo cesto investimenti per la promozione significa una battaglia nella battaglia e trovare direttori audaci e lungimiranti che capiscano il valore di una iniziativa di questo genere.

In questo quadro ci si deve muovere e agire.

Da dove partire? Due gli elementi da considerare, sottintesi prima e che qui esplicito:

-       il vantaggio competitivo delle scuole e la caratteristiche sulle quali fare leva per attrarre

-       la segmentazione del pubblico per offrire nel medesimo contenitore –l’evento open day- un dialogo adatto e peculiare per ogni pubblico.

Inizieremo da lì il prossimo post.

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