lunedì 30 novembre 2015

Conoscere lo shopper per migliorare le vendite retail: intervista con Matteo Testori (I)





Uno dei compiti del consulente di marketing è quello di restare aggiornato. Quotidianamente. Se non studi di continuo, se non cerchi di capire le tendenze, se non ti guardi in giro –ad esempio io ho provato a farlo in un recente viaggio negli States proponendo le mie deduzioni in alcuni mini-video raccolti in questa playlist- se non cerchi continuamente di capire dove sta andando il (nuovo) mondo. È perciò con grande interesse che ho divorato –letto in un giorno- questo saggio di Matteo Testori che esamina, con rigore, e illustra, con brillante linguaggio, come è variato il profilo del consumatore e come si debba ragionare oggi per vendere al cliente finale. Ne
Shopper Marketing  proposta da Franco Angeli Editore, l’autore, Matteo Testori, CEO di Dialogica, la cui missione è quella “di migliorare i risultati nel vero momento della verità: l’ ultimo miglio, il punto d’incontro fra l’azienda e i clienti” ci guida alla comprensione di come gli shopper, vedremo poi chi sono, prendono decisioni nel punto vendita. Interessante vero?
Per spiegare meglio questo mondo mi sono fatto aiutare dall’autore. Dato l’interesse che il tema presenta, ho spezzato la lunga ed intrigante intervista in due puntate. Ecco la prima.

1.            Qual è lo scopo del suo libro? che cosa vuole suggerire all’imprenditore italiano?
Il testo vorrebbe suggerire all’imprenditore e al manager una cultura dell’ascolto, della comprensione, dell’utilizzo corretto di strumenti di ricerca adeguati. Ho intitolato uno dei capitoli centrali del libro “se non lo conosci non puoi migliorarlo”. Se non conosciamo chi è il nostro cliente, sia esso consumatore finale o responsabile degli acquisti, non possiamo migliorare la nostra offerta. Nei mercati la non conoscenza è uno delle trappole più insidiose. Ciò che noi non sappiamo sarà prima o poi scoperto da un nostro concorrente.
2.            Qual è il più grande cambio di scenario nel mondo retail avvenuto negli ultimi anni?
La risposta più ovvia è l’e-commerce. In realtà ciò che emerge dal libro, e che è ben chiaro ai retailer più avveduti, è la necessità di definire e realizzare dei negozi (reali o virtuali), degli assortimenti, delle esposizioni veramente pensate per i clienti. Si fa riferimento alla shopping experience complessiva come uno dei fattori che più influenzano lo shopper, i suoi acquisti, la sua fedeltà. La stratificazione degli assortimenti nel tempo, mi riferisco specialmente ai prodotti di largo consumo nel canale GDO, è stata dettata e guidata da criteri di opportunità, di vantaggio economico immediato (pensiamo ai contributi per l’inserimento di nuovi prodotti). Ciò ha prodotto un proliferare di prodotti francamente inutili per lo shopper, magari necessari per riempire dei volantini promozionali, ma del tutto sovrapposti con altri brand o con le private label. Forse non tutti sanno che sul tempio di Delfi, oltre alla famosa scritta “conosci te stesso” era scolpita anche la frase “niente di troppo”. La psicologia dei consumi ha dimostrato negli ultimi anni che l’eccesso di offerta disorienta e, nel complesso, deprime le vendite della categoria di prodotti.
3.            Chi è lo shopper “protagonista” del libro che appunto si chiama Shopper Marketing?
Colui che acquista, chi entra in un negozio, nella maggior parte dei casi, almeno fino ad ora, fisico. Siamo tutti noi nel momento in cui acquistiamo qualcosa, per uso personale, per la famiglia, per fare un regalo. Non necessariamente lo shopper è il consumatore; chi acquista si fa carico delle necessità, dei desideri, di chi poi userà i prodotti. Lo shopper deve fare convivere i desideri dei consumatori con le sue disponibilità economiche, deve districarsi nel marasma delle offerte speciali, mediando fra convenienza e soddisfazione del consumatore finale.
4.    Il category management è una tecnica obsoleta? Perché?
Direi proprio di no, anzi: in un periodo di turbolenza dei consumi e di erosione dei margini per industria e distribuzione la gestione efficace ed efficiente delle categorie, intesa come soddisfazione complessiva di segmenti diversi di shopper, assortimenti, spazi dedicati, posizioni all’interno dei punti vendita, redditività, resta un pilastro centrale per i retailer. Idem per l’industria. Purtroppo, come spesso accade, le buone pratiche di marketing si scontrano con le esigenze contrastanti degli operatori economici. La maggior parte dei progetti di category non hanno un concreto sviluppo per molti motivi, non ultimo il conflitto fra esigenze deli produttori e dei distributori
5.    Molti acquisti sono frutto di decisioni prese molto distanti dal punto di vendita: come influenzarle?
Ancora, il vecchio marketing che, se usato correttamente, è più attuale che mai: capire in dettaglio chi sono i consumatori e cosa vogliono. A questo punto mi pare necessario aggiungere l comprensione e segmentazione degli shopper. Solo quando ho capito in profondità chi sono, cosa desiderano, quali fattori spingono le persone ad allungare una mano e acquistare proprio quel prodotto e non un altro, chi e come lo utilizzerà, che valore genererà, chi o cosa può sostituirlo, allora posso ricorrere alla leva pubblicitaria, ovviamente nelle sue molteplici e variegate forme. I vecchi media; tv, radio, stampa, affissioni e, su certi target, con codici, stili, modi specifici, il web.
6.    In che modo il web può influenzare le decisioni di acquisto dello shopper?

Lasciamo un po’ di suspense… la risposta a questa domanda nella prossima puntata.

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